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Il nuovo paradigma della sostenibilità

il nuovo paradigma della sostenibilita

Il nuovo paradigma della sostenibilità

Fino a poco tempo fa il paradigma decisionale per ogni scelta aziendale era il binomio rischio-rendimento: a parità di rischio abbiamo sempre scelto il progetto col rendimento maggiore e a parità di rendimento abbiamo sempre scelto quello col rischio minore.

Il criterio è stato lo stesso dai tempi di Isabella di Castiglia che finanziò Cristoforo Colombo per il suo viaggio esplorativo per le Indie occidentali fino al recentissimo passato.

Da qualche anno stiamo vivendo una rivoluzione di portata epocale e il paradigma si è arricchito di una terza componente: il valore dei fattori di tipo ambientale, sociale e di governo societario o ESG di un progetto.

Quindi oggi, almeno in teoria, il criterio di scelta dovrebbe privilegiare il progetto con maggior valore ESG, a parità di coppia rischio-rendimento, e quello con minor rapporto rischio-rendimento, a parità di valore ESG.

Questo è un concetto meraviglioso! Però, se l’avessimo applicato nel 1492, Cristoforo Colombo di sicuro non sarebbe partito. Oggi siamo in grado di sfruttarlo correntemente nelle scelte? La risposta è chiara: lo facciamo ma
solo in parte.

Un esempio lampante riguarda proprio la valutazione che viene generalmente fatta per decidere di adottare o meno una tecnologia no-dig nell’ambito della manutenzione delle infrastrutture. La valutazione viene fatta ma solo in maniera parziale e limitata. Come nel caso di un iceberg noi valutiamo solo quello che vediamo o, meglio, che siamo in grado di vedere, ignorando tutto quello che sta sotto il livello dell’acqua.

Di visibile abbiamo solo il costo ma la parte più importante è nascosta ed è relativa a: risparmio di tempo di intervento e risparmio di attività in generale, che hanno come diretta e più che tangibile conseguenza un minor impatto ambientale, un minor ammontare di disagi e un minor rischio nello svolgimento delle attività lavorative.

Oggi, grazie al lavoro dell’università Politecnica delle Marche e di WEELAB, siamo in grado di valutare almeno la prima ma non abbiamo metodi di valutazione delle altre due grandezze individuate, per quanto importanti.

Ciò detto, considerando questo rilevante sbilancio di valore ESG a favore delle tecnologie trenchless, perché siamo ancora legati ai dogmi del passato? Ancora oggi, quando si pensa a un intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria su condotte, lo si immagina con l’impiego di tecniche classiche e, solo quando emergono vincoli insormontabili, si valuta l’opzione no dig.

Se le cose stanno come abbiamo detto, quando ci decideremo ad adeguarci iniziando a concepire fin dall’inizio un intervento con tecniche trenchless e, solo nei casi di vincoli insormontabili, valutare l’opzione con scavo a cielo aperto?

Questo ci dicono le grandezze che abbiamo analizzato ma ancora oggi non siamo in grado di metterle in atto.

Karim Sergio Ladjeri,
Amministratore delegato Ekso